Non c'è coronavirus che tenga. La maggioranza litiga sulle nomine delle partecipate. Pd e Iv incassano la riconferma degli a.d. di peso. M5S strappa le presidenze di Eni, Enel e Leonardo. Ma i parlamentari grillini sono già in subbuglio: "Abbiamo ceduto troppo".
Potevano essere congelate per un anno. E invece no. Potevano lasciare spazio a uno spirito neutro, di collaborazione. E invece no. Neppure il virus, il Paese chiuso da più di un mese, oltre ventimila morti e l’urgenza di mettere in piedi la fase due sono riusciti a tirare le nomine delle aziende di Stato fuori dalla logica spietata dello spoil system. Che recita così: questa volta sono io al Governo e tocca a me scegliere chi far sedere sulle poltrone che contano. A 72 ore dalla scadenza, la traccia dentro la maggioranza è quella della spartizione, dei litigi sul “se tu prendi quello, allora a me dai quello”, della terza riunione in tre giorni. I 5 stelle contro il Pd, i renziani a pretendere riconferme, Conte con i suoi nomi. Così rissosa la partita che i grillini arrivano a spaccarsi su alcune scelte.
Verso la spartizione/1. Pd e Italia Viva ottengono le riconferme degli amministratori delegati delle aziende più pesanti
La quadra prende forma dopo l’ennesima riunione, che si tiene in videoconferenza nel primo pomeriggio. I dem e i renziani ottengono la riconferma degli amministratori delegati delle quattro aziende di peso. Claudio Descalzi, Alessandro Profumo, Francesco Starace, Matteo Del Fante resteranno in sella rispettivamente a Eni, Leonardo, Enel e Poste. Matteo Renzi sorride perché fu lui a scegliere i manager quando era presidente del Consiglio (Del Fante andò allora a Terna, poi spostato a Poste con il governo Gentiloni). Le riconferme valgono come un incasso pieno. E anche il Pd passa all’incasso perché Renzi dominus delle nomine era allora segretario dem e qualche pedina fu mossa dopo anche da Gentiloni. E poi, guardando al governo di oggi, la bilancia va tarata guardando ai 5 stelle, che su queste quattro aziende sono rimasti a bocca asciutta. Le sole incursioni dei pentastellati sono a Terna, dove arriva Stefano Donnarumma, l’uomo di Acea, la multiservizi della Capitale, e all’Enav, la società che gestisce il traffico aereo. Qui arriverà Paolo Simioni, ora amministratore delegato di Atac, la società del trasporto pubblico romano. L’ha voluto Beppe Grillo più di tutti. Qui Renzi perde un pezzo perché esce Roberta Nieri, che aveva voluto lui.
Ma il bottino dei grillini è ben poco se si pensa che puntavano a cambiare tutti e quattro i manager tranne che Del Fante, promosso perché ha ben gestito l’anello Poste della catena di trasmissione del reddito di cittadinanza. E soprattutto avevano provato a mandare a casa Descalzi, implicato in vicende giudiziarie e da sempre visto dal Movimento come l’uomo degli affari poco chiari, per usare un eufemismo. Ma Descalzi è blindato da Pd, renziani, Tesoro e anche dal Quirinale. Per tutti vale la stessa considerazione: impensabile cambiare in corso, e durate un’emergenza, una casella strategica. Eni significa petrolio, ma anche un posizionamento geopolitico strategico. Una sorta di Farnesina dell’economia.
Verso la spartizione/2. I grillini si fanno spazio tra le presidenze
La spartizione impone però di accontentare tutti ed ecco che i 5 stelle, oltre agli ad di Terna e Enav, sono riusciti a strappare qualche presidenza. A quella di Eni andrà Lucia Calvosa, ora consigliere di amministrazione di Tim e del Fatto quotidiano. E sempre M5s è la quota che connoterà il vertice di Enel: qui, sponsorizzato dal sottosegretario Riccardo Fraccaro, arriverà Michele Crisostomo, avvocato milanese. La presidenza di Leonardo, l’ex Finmeccanica, è appannaggio di Luciano Carta, direttore dell’Aise, i servizi di sicurezza esterna. L’hanno voluto i pentastellati, ma anche Conte. Resta ancora vuota la casella della presidenza di Poste. L’indicazione, rivelano alcuni uomini coinvolti nella trattativa, spetta al presidente del Consiglio. Nel pacchetto delle nomine c’è anche Mps, la banca salvata con i soldi pubblici e nazionalizzata. Alla presidenza c’è un trasloco: Patrizia Grieco, ora presidente di Enel, arriva qui. L’amministratore delegato sarà Guido Bastianini, ex numero uno di Carige. Voluto dai 5 stelle.
I malumori in casa M5s. Una parte dei parlamentari contro la linea morbida di Fraccaro
Quando la spartizione prende forma, ma a trattativa ancora in corso, i deputati delle commissioni Attività produttive e Ambiente escono con una nota durissima: “La fase storica che stiamo vivendo impone delle scelte decise di qualità, discontinuità e rinnovamento delle politiche industriali. Auspichiamo che questi siano i criteri alla base della tornata di nomine che ci si appresta a fare”. Il riferimento è a Fraccaro, ritenuto responsabile di aver ceduto sulla riconferma degli amministratori delegati. I parlamentari citano il cedimento più grande: la riconferma di Descalzi. “Su aziende grandi e importanti come Eni - incalzano - non possono gravare le ombre delle inchieste giudiziarie”. Altri promettono di far esplodere il dissenso durante le prossime riunioni dei gruppi parlamentari.
Il metodo e gli uomini della trattativa
Una raffica di videoconferenze, da mercoledì a venerdì, rigorosamente sotto traccia, mentre al dibattito pubblico si consegna la grande narrazione della macchina che vuole mettersi in moto per far ripartire il Paese. Gli uomini della trattativa si sono visti in continuazione negli ultimi giorni. Dario Franceschini e Andrea Orlando per il Pd, Riccardo Fraccaro e Stefano Buffagni per i 5 stelle. I renziani hanno schierato Maria Elena Boschi. E poi il premier che si è messo a mediare, ma senza essere arbitro. Ha voluto giocare e contare.
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