«I costituenti
scelsero di introdurre le Regioni, accanto a Comuni e Province, perché
ritenevano che occorresse combattere centralismo e uniformità ed assicurare
alle collettività locali un notevole grado di autogoverno, avvicinando il
potere pubblico ai cittadini». Il costituzionalista Sabino Cassese ricorda così
le motivazioni che portarono alla nascita delle Regioni, a cui il ddl Calderoli
vuole attribuire nuovi poteri.
"L'autonomia differenziata? La
decisero i costituenti"© Fornito da Il Giornale
L'autonomia
differenziata spacca l'Italia?
«Se si voleva
un'Italia disciplinata uniformemente, non bisognava introdurre l'istituto
regionale. I costituenti hanno, inoltre, introdotto l'autonomia differenziata
perché vi sono cinque Regioni che hanno un'autonomia speciale. Più di metà
della popolazione del Centro - Sud vive oggi in Sicilia in Sardegna, due
Regioni ad autonomia differenziata».
Eppure Sardegna e
Sicilia non sembrano aver sfruttato al meglio le proprie potenzialità. Con il
ddl Calderoli sarà diverso per le Regioni del Sud?
«Vi sono Regioni
diverse e diversi modi di governare. Gli studi fatti finora, specialmente
quelli di Robert Putnam, uno studioso americano, mostrano che le Regioni
d'Italia dove vi era più forte tradizione di gestione comunale le Regioni hanno
operato meglio, mentre nei territori dove la tradizione di governo locale era
più debole e maggiore il centralismo, le Regioni hanno operato peggio».
Il ddl Calderoli può
ridurre il divario tra Nord e Sud?
«Il testo originario,
quello del 1948, della Costituzione prevedeva, all'articolo 119, che, per
provvedere a scopi determinati e per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo
Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali. L'articolo 119, modificato
nel 2001, prevede che per promuovere la coesione e rimuovere gli squilibri
economici e sociali lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi
speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e
Regioni. La parola Mezzogiorno nel 2001 scomparve dalla Costituzione, ma è
rimasto il principio che lo Stato interviene per le zone meno sviluppate».
Non si rischia uno
sbilanciamento di poteri tra Stato centrale ed enti locali?
«Un adeguato
bilanciamento dei poteri tra Stato e periferia può essere assicurato soltanto
distinguendo i compiti che hanno dimensioni locali e i compiti che, invece,
possono avere solo una dimensione o statale o sovrastatale. Quando si parla di
autonomia differenziata si pensa alla differenziazione su tutte le 23 materie
che sono indicate nel secondo e nel terzo comma dell'articolo 117 della
Costituzione. Ma tra queste vi sono anche i rapporti internazionali e con
l'Unione europea, il commercio con l'estero e le grandi reti di trasporto e di
navigazione, che sarebbe utile lasciare come sono ora - alla legislazione
concorrente, cioè la legislazione nella quale lo Stato stabilisce principi
fondamentali e le Regioni provvedono con legge, invece di aumentare il grado di
autonomia conferito alle Regioni».
I critici del ddl
Calderoli sostengono sia sbagliato affidare alle Regioni materie come
l'energia. Lei cosa ne pensa?
«In settori dove le
strutture pubbliche sono ordinati a rete, come la sanità, la scuola e in futuro
anche l'energia, con lo sviluppo dell'energia eolica e di quella solare,
l'ordinamento può essere deconcentrato, purché al centro della rete vi siano
strutture capaci di stabilire gli standard, di verificarne l'attuazione e il
rispetto e di intervenire in via sostitutiva, quando gli standard non vengono
rispettati».
Autonomia
differenziata e presidenzialismo devono andare di pari passo?
«Possono, in teoria,
andare di pari passo. Ma hanno passaggi diversi e quindi tempi diversi.
L'autonomia differenziata non richiede modifiche costituzionali, perché è
disposta dalla Costituzione. Si tratta di dare attuazione ad essa con una
procedura complessa che è disciplinata dalla proposta avanzata dal governo
Meloni. Il presidenzialismo ha bisogno di una modifica costituzionale e, prima
ancora, di una determinazione delle modalità di attuazione, perché con la
parola presidenzialismo si intendono molte formule organizzative diverse, sia
una delle numerose forme di presidenzialismo in senso stretto, sia il
cosiddetto semipresidenzialismo, sia una forma di premierato, a sua volta di
tipo molto diverso, perché altro è il premierato del tipo del cancelliere tedesco,
che non passa per un'elezione diretta, altro è un premierato che eventualmente
comporti una elezione diretta del capo dell'esecutivo».
Storia di Francesco Curridori