Il presidente dell’Unione sindacale svizzera Pierre-Yves Maillard sull’iniziativa Udc contro la libera circolazione e le misure di accompagnamento
Pierre-Yves Maillard, paventate una deregolamentazione pressoché totale del mercato del lavoro, se l’iniziativa dovesse essere accolta. Si tratterebbe addirittura di «sostituire i contratti collettivi (Ccl) e i controlli salariali con una concorrenza feroce di tutti contro tutti». Non è esagerato?
Non passeremo dal tutto al niente. Ma è evidente che andremo nella direzione contraria a quella seguita sin qui. L’Udc del resto l’ha già detto in modo esplicito: basta leggere le sue argomentazioni. E poi, se dovesse essere revocato l’Accordo sulla libera circolazione (Alc) con l’Ue, verrebbero a cadere anche la legge sui lavoratori distaccati e le altre disposizioni legali adottate in relazione a questa. Il ‘sì’ all’iniziativa comporta un grosso rischio.
Non sarebbe la giungla: i Ccl, ad esempio, continuerebbero ad esistere.
I Ccl sì. Ma sarebbero minacciate le facilitazioni che abbiamo ottenuto riguardo alla possibilità di dichiararli di obbligatorietà generale. Bisogna anche capire cosa capiterà in seguito: se le aziende svizzere potranno accedere più difficilmente al mercato europeo, è evidente che il padronato tenterà di compensare le perdite che ne derivano con prezzi più competitivi, con tutto ciò che comporta.
Parlate di condizioni di lavoro, di salari. Ma questa resta una votazione sull’immigrazione. Non rischiate di ritrovarvi spiazzati, di fronte agli argomenti dell’Udc?
Domenica Blocher sulla ‘Nzz am Sonntag’ ha detto che l’economia deve poter reclutare le persone di cui ha bisogno. Cosa significa? Forse oggi l’economia recluta persone di cui non ha bisogno? Se proprio vogliamo parlare di immigrazione, basta vedere come questa è evoluta rispetto alla popolazione attiva nell’arco dei decenni. Ebbene, non vi sono grandi differenze tra il prima e il dopo l’entrata in vigore dell’Alc [nel 2002, ndr].
L’Udc insisterà comunque sulla questione migratoria, Consiglio federale e organizzazioni economiche sulla valenza economica dei Bilaterali: il tema lavoro rischia di non emergere.
La regolamentazione delle condizioni di lavoro sono la vera questione. Ancora una volta, le implicazioni dell’iniziativa sulla politica migratoria non sono affatto chiare. L’Udc dice di non volere una Svizzera da 10 milioni di abitanti, ma non dice quanti immigrati in meno vorrebbe. Quando gli si chiede qual è il saldo migratorio [la differenza tra emigrazione e immigrazione, ndr] accettabile, Blocher non fornisce alcuna cifra. Il dibattito sull’immigrazione, a queste condizioni, non è possibile. L’Udc è chiara su un solo punto: deplora i progressi ottenuti nella regolamentazione del mercato del lavoro. È di questo che dobbiamo parlare.
Anche i sindacati avevano sottovalutato l’iniziativa dell’Udc ‘contro l’immigrazione di massa’, approvata il 9 febbraio 2014. Avete imparato dagli errori commessi allora?
Stavolta abbiamo ottenuto dal Consiglio federale un significativo pacchetto di misure elaborate per rispondere alle preoccupazioni dei lavoratori ‘anziani’. È una grande differenza rispetto a sei anni fa.
Annunciate una “campagna importante”, con un budget da 300-500mila franchi e un apposito giornale distribuito a tutti i fuochi. Perché questa è una votazione così cruciale per voi?
Siamo contro la liberalizzazione del mercato del lavoro, non vogliamo che il padronato e la destra attacchino le conquiste ottenute. Prendiamo molto sul serio questo rischio. Nel 2014 le cose non erano chiare: l’iniziativa ‘contro l’immigrazione di massa’ non chiedeva di abolire l’Alc, si limitava a chiedere la reintroduzione dei contingenti. Adesso invece l’Udc mette i sottotitoli alla sua proposta. Questa per noi rappresenta un attacco frontale, come non l’avevamo mai visto prima, al partenariato sociale.
Il Ticino, lo avete già dato per perso?
Niente è vinto o perso in anticipo. Il Ticino vive una situazione difficile. Ma la soluzione è rafforzare le misure d’accompagnamento, imporre sanzioni più severe e introdurre Ccl di forza obbligatoria in settori (quello dell’ingegneria e dell’architettura, ad esempio) che ne sono sprovvisti, oltre che dichiarare di obbligatorietà generale i contratti collettivi in vigore nell’industria.
Sparando sull’accordo quadro, l’Udc cerca di trasformare il voto sulla libera circolazione in un plebiscito contro la politica europea. Sarà difficile mantenere separati i due temi.
No, è facile: la nostra posizione è la stessa. Che si parli di libera circolazione o di accordo quadro, i sindacati difendono le conquiste ottenute per quanto riguarda la regolamentazione del mercato del lavoro, la protezione dal dumping.
L’Ue attende entro fine maggio i “chiarimenti” promessi dal Consiglio federale su tre punti dell’accordo quadro: misure di accompagnamento, aiuti di Stato e direttiva Ue sulla cittadinanza. Una scadenza realistica?
No. Dopo il 17 maggio il Consiglio federale dovrà fare delle proposte chiare e in tempi ragionevoli. Ma non potrà farle in un lasso di tempo così breve. Noi diciamo che il testo va rinegoziato [cosa che la Commissione europea esclude, ndr], affinché garantisca sicurezza giuridica circa il mantenimento delle attuali misure d’accompagnamento e la possibilità di svilupparle. Perché dobbiamo poter andare più lontano. D’altronde, la stessa Ue al Regno Unito chiede il contrario di quanto chiede a noi: una garanzia che le condizioni di lavoro non peggiorino.
In effetti la tendenza nell’Ue è verso maggiore protezione dal dumping.
Sì, è la volontà che sembra prevalere tra le autorità europee. Purtroppo la Corte di giustizia dell’Ue [che sulle misure d’accompagnamento elvetiche in alcuni casi avrebbe la sua da dire, ndr] ancora di recente ha preso una decisione che va in senso contrario.
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