lunedì 18 aprile 2011

Amministrazione sovrana!

L’amministrazione della cosa pubblica è un elemento che caratterizza uno stato sovrano. Per questo è importante analizzare i diversi aspetti del contributo dato dalla PA alla costruzione dell’Unità d’Italia. Innanzitutto, va ricordato che questo processo si è realizzato parallelamente al consolidamento del modello burocratico teorizzato da Max Weber, Woodrow Wilson e Frederick Taylor e ha dovuto affrontare contemporaneamente due sfide: quella di adattare l’amministrazione al modello di stato nazionale di fine ‘800-inizio ‘900 e quella di omogeneizzare procedure e culture amministrative degli stati preunitari, tra loro molto diverse. Al contrario di Francia e Gran Bretagna, che hanno affrontato il periodo della costruzione di una burocrazia pubblica nell’ambito di stati centralizzati e coesi (si pensi alla grandeur francese del periodo napoleonico), e della Germania, che pur avendo raggiunto l’unità solo nel 1871 aggregava stati e popolazioni culturalmente omogenei, l’amministrazione dell’Italia unita si innestava su culture profondamente eterogenee (Stato Sabaudo, Borbonico, Pontificio, Austriaco). La soluzione in un certo senso obbligata è stata quella di inviare funzionari dello Stato Sabaudo nelle diverse parti dell’Italia. L’obiettivo di Cavour era quello di omogeneizzare l’amministrazione ed è riuscito sul piano delle procedure amministrative, ad esempio sul piano dei sistemi contabili con la legge Cambray Digny del 1869 e con il regolamento contabile del 1884. Non sempre l’obiettivo è stato raggiunto sul piano sostanziale, poiché in molti casi i funzionari non sono riusciti a capire il contesto economico e sociale. Da qui è nata una certa distanza tra amministrazione pubblica e cittadini, che ancora oggi ci caratterizza. La campagna di colonizzazione in Africa, le due guerre mondiali e il ventennio fascista hanno poi caratterizzato il periodo in cui si è rafforzata l’amministrazione centrale con un’omogeneizzazione ‘forzata’ delle norme e delle procedure anche con riguardo agli enti pubblici locali (si pensi al testo unico della Legge comunale-provinciale del 1934). Anche questa fase ha lasciato irrisolto il problema del rapporto amministrazione-cittadini. Il periodo post-bellico e della ricostruzione ha avuto due connotazioni di segno opposto. Da un lato, l’elevato numero di persone provenienti dal Sud che si sono inserite nell’amministrazione pubblica ha consentito ad esse di acquisire un tenore di vita e uno status sociale più elevato e ha favorito uno scambio fra culture delle diverse regioni. Le amministrazioni pubbliche sono servite da volano per l’occupazione proveniente da regioni che per motivi economici erano state penalizzate dall’unificazione. Dall’altro, il cosiddetto processo di meridionalizzazione dell’amministrazione pubblica (in particolare l’accesso nelle amministrazioni centrali dello stato e in quelle decentrate del Nord, ad esempio poste e scuola, per poi chiedere il trasferimento al Sud) ha determinato un effetto uguale e contrario a quello dei primi 50 anni dell’Unità. Infatti, mentre allora era la società meridionale che non si sentiva rappresentata dai funzionari sabaudi, negli anni più recenti la società settentrionale si è sentita progressivamente poco rappresentata dall’amministrazione. Perciò si può dire che l’amministrazione pubblica ha sicuramente dato un contributo complessivamente positivo alla costruzione dell’Unità d’Italia ma, anche per il periodo in cui si è realizzata, ha lasciato alcuni problemi in sospeso, primo fra tutti quello della capacità di cogliere tempestivamente le esigenze della società. Questo è l’obiettivo che deve proporsi l’amministrazione nei prossimi anni tramite la formazione di una classe politica e manageriale che sappia interagire con un sistema economico e sociale fortemente dinamico, inserito nel contesto della globalizzazione.


di Elio Borgonovi, ordinario di economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche alla Bocconi

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