Tutto in questi giorni va contro l’interesse degli italiani:
le liti esasperate tra i partiti e dentro i partiti, i contrasti a livello
istituzionale tra Stato, Regioni e Comuni, e, da ultimo ma non da meno,
addirittura i problemi di ordine pubblico a Napoli e Roma
Quando un Paese combatte contro una grave minaccia (guerra,
pandemia, disastro economico), il buonsenso vuole che i protagonisti della
politica si facciano promotori di una tregua alle liti e alle polemiche tra i
partiti. Se è in gioco la tenuta della democrazia o, addirittura, la vita delle
persone, questo è l’interesse primario da tutelare. Dunque, tutto ciò che sta
accadendo in questi giorni va contro l’interesse degli italiani: le liti
esasperate tra i partiti e dentro i partiti, i contrasti a livello istituzionale
tra Stato, Regioni e Comuni, e, da ultimo ma non da meno, addirittura i
problemi di ordine pubblico a Napoli e Roma. Sarebbe sciocco nasconderlo: uno
dei principali motivi che non consentono di raffreddare la temperatura politica
è come si è svolta la vicenda del presidente del consiglio in questo campo. Al
di là di meriti e demeriti, Giuseppe Conte, in appena due anni, è stato ed è il
presidente di due maggioranze diverse e, successive. Soprattutto segnate da
polemiche di un livello quale raramente si era visto dall’immediato dopoguerra
ad oggi. Immaginiamo due eserciti contrapposti ed un generale che passa
dall’uno all’altro. Fortunatamente, i contrapposti eserciti della politica non
devono comportarsi come quelli militari. Non devono annientarsi, perché, in
politica, maggioranza ed opposizione sono entrambe al servizio di un medesimo
popolo, anche se troppo spesso lo dimenticano. All’inizio della pandemia, ci
permettemmo, su questo giornale, di avanzare al presidente Conte e ai partiti
di maggioranza e di opposizione (peraltro maggioranza nella maggior parte delle
Regioni) una proposta che permettesse di instaurare una pausa di collaborazione
e unità di intenti al fine di contrastare con maggior vigore covid e crisi
economica. Secondo questa proposta, Conte dovrebbe restare al governo fino al
termine della legislatura, sostenuto da una maggioranza di unità nazionale. Una
maggioranza eccezionale e a tempo. Per un elementare dovere di correttezza
istituzionale, dovrebbe impegnarsi a non ripresentarsi in nessun schieramento
una volta portato a termine il suo mandato: come si può altrimenti pretendere
di diventare nuovamente uomo di una parte, dopo essere stato capo di un governo
di tutti? Non sarebbe una delle tante furbate della politica, ma la dimostrazione
che la politica sa essere anche nobile e capace di rinunce, se necessarie
all’interesse di tutti. Questa proposta ci sembra oggi ancora più attuale di
ieri. Sappiamo che nelle file del centrodestra c’è ancora molto astio nei
confronti di Conte per la disinvoltura con la quale consentì il passaggio da
una maggioranza all’altra “salvando” il proprio posto. E non vedono l’ora di
“fargliela pagare”. Sappiamo anche che nello schieramento opposto in molti
pensano (o si illudono) di conquistare, grazie alla popolarità di Conte, quella
maggioranza dei consensi che attualmente i sondaggi assegnano agli avversari.
Sono le normali schermaglie della politica nei tempi normali. Ma in tempi come
questi, che normali non sono, il rischio è di restare tutti sconfitti di fronte
al Covid.
Nicola Cariglia
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